Progettisti, installatori e rivenditori di impianti fotovoltaici:
Se negli ultimi anni la crisi economica ha segnato il declino di molte aziende, c'è un settore industriale su cui continua a splendere il sole: quello del fotovoltaico. Secondo Confartigianato, dal 2009 al 2011 le imprese di questa fetta di mercato sono cresciute del 10,2% e sono sempre più richieste figure professionali qualificate.

Ingegneri e supervisori di turbine eoliche:
Se nel campo dell'energia eolica le prospettive potenziali sono molto promettenti - nel 2011 la potenza eolica installata nel mondo è cresciuta del 21%, con l'Italia al terzo posto in Europa per potenza installata - è bene ricordare che nel nostro paese il settore sta attraversando un momento di difficoltà attribuibile, secondo alcuni operatori, anche ai contenuti del nuovo decreto ministeriale sulle rinnovabili elettriche.

Ingegneri di automobili ecologiche:
Per contribuire alla fase ideativa di questi mezzi di trasporto occorre una laura in ingegneria meccanica, con specializzazione sui veicoli e in particolare nei sistemi ibridi. Da qui, oltre alla strada della ricerca in ateneo, si apre la possibilità di iniziare a collaborare con le grandi case automobilistiche che stanno sperimentando nuove forme di trasporto ecosostenibile. I migliori prototipi di veicoli verdi provengono proprio dalle idee di giovani ricercatori: a giugno sono stati esposti a Bruxelles, nel corso di una manifestazione dedicata alle iniziative sull'idrogeno, il primo furgoncino alimentato ad ammoniaca del consorzio per la ricerca industriale di Pontedera Pont-tech e l'auto a idrogeno dell'Università di Pisa. Mentre il Politecnico di Torino lo scorso anno ha presentato Xam (Extreme Automotive Mobility) un veicolo ibrido da città, realizzato con materiali riciclati, capace di percorrere 100 chilometri con un litro di carburante.

Ricercatori nel settore dei biocarburanti:
Uno dei fiori all'occhiello della produzione industriale "verde" italiana è rappresentato dai biocombustibili di seconda generazione, quelli, cioè, derivati non più da mais o canna da zucchero, ma da colture non alimentari. L'azienda Mossi&Ghisolfi, di Tortona (Piemonte), ha recentemente sviluppato una tecnologia all'avanguardia per ricavare benzina da biomasse non edibili, come la paglia del riso, gli scarti di produzione della canna da zucchero e la canna comune. A Crescentino, in provincia di Vercelli, è ora attivo il primo impianto per la produzione del biocarburante, alla cui produzione hanno contribuito 10 università italiane e 100 cervelli di altrettanti ricercatori, quasi tutti trentenni. Soltanto questo progetto porterà alla creazione di oltre 150 posti di lavoro, la produzione di 42mila tonnellate di biocarburante e una riduzione delle emissioni di CO2 di circa 70mila tonnellate ogni anno.Quello del bioetanolo di seconda generazione è un settore in cui il nostro paese ha buone possibilità di primeggiare sul piano dei brevetti. È infatti necessario trovare soluzioni realmente innovative che permettano di utilizzare le biomasse verdi senza sottrarre preziosi terreni agricoli alle colture alimentari e senza favorire la deforestazione. Il mondo della ricerca è per queste ragioni ancora il protagonista di questo settore produttivo. Per chi volesse intraprendere questa strada, in Italia ci sono diversi centri di riferimento: dal CRIBE (Centro di Ricerca Interuniversitario Biomasse da Energia) della Scuola Superiore Sant'Anna e dell'Università di Pisa, al Centro di Ricerca sulle biomasse dell'Università di Perugia. Le lauree ideali per tentare un dottorato di ricerca nel settore? Biotecnologia, Chimica industriale, Agraria.La strada della ricerca dovrebbe in futuro sanare, e le premesse sono promettenti, un conflitto importante che riguarda i biocarburanti. Da un lato, infatti, spiccano gli obiettivi europei che chiedono di raggiungere il 10% di fonti rinnovabili nel settore dei trasporti entro il 2020. Dall'altro vi sono i problemi legati al disboscamento delle aree da utilizzare per le colture intensive di biomasse e lo sfruttamento di terre altrimenti dedicate alla produzione alimentare (soprattutto terreni agricoli dei Paesi in via di sviluppo). Fattori per cui i biocarburanti di prima generazione sono accusati da molte ong e organizzazioni ambientaliste di aggravare la già precaria situazione alimentare del terzo mondo

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